Tema: le to-do list che ci facciamo per la giornata o per la settimana, sul lavoro o nelle domeniche casalinghe.
Considerazione: siamo spesso clamorosamente incapacə di prevedere il tempo che ci servirà per fare una cosa (e quindi di conseguenza il tempo che ci vorrà per fare una lista di cose una in fila all’altra).
Questo succede quando:
- La cosa che dobbiamo fare non è super-routinaria. Se dobbiamo fare quell’esatto gesto che facciamo sempre uguale (una ricetta che seguiamo da anni, ad esempio), sappiamo prevedere con accuratezza quanto ci vorrà. Altrimenti valutiamo malissimo, per difetto.
- Conosciamo la cosa che dobbiamo fare: abbiamo cioè idea di quel che serve per farla, oppure crediamo di averla (all’atto pratico è lo stesso). Questo ci frega perché riuscire ad abbracciare un’attività col pensiero la rende percettivamente breve. Ma non lo è.
- Siamo in grado di fare quella cosa, cioè sappiamo che non incontreremo ostacoli particolari. Questo ci spinge a un eccessivo ottimismo perché non ci sono grossi “unknown unknowns”: ne traiamo ingiustificato conforto. Quando le incognite si moltiplicano, diventiamo più cautə e realistə.
- Non calcoliamo gli inserimenti a pettine delle cose impreviste e urgenti. Non parlo dei cigni neri (eventi rari, dirompenti e imprevedibili). Parlo dei piccoli-medi imprevisti, che ci sono sempre anche se non sappiamo immaginare quali saranno di volta in volta.
- Diamo per scontato un tempo di lavoro denso, senza notifiche, caffè e distrazioni. Che non esiste.
- Non facciamo mente locale o una lista abbastanza dettagliata delle specifiche sotto-attività: nella lista scriviamo per così dire “solo i macro-task”. Se ci mettessimo davanti alla lista precisa delle cose che servono a raggiungere un obiettivo, vedremmo che è molto più lunga del previsto.
- Non allochiamo le attività sul tempo. Io (mi) consiglio sempre questo esercizio: dopo aver fatto una to-do list dettagliata (vedi punto sopra), prova a riempire il tuo calendario con tutte le attività che ti aspetti di fare, con orario di inizio e di fine di ogni singola mini-attività. Vedrai quanta poca roba ci sta.
- Non impariamo: tutte le volte che buchiamo i tempi non ci chiediamo perché e ripetiamo l’errore.
- Buttiamo troppo il cuore oltre l’ostacolo; ma finsice che ci concediamo un anticipo troppo lauto sulla gratifica finale, che non abbiamo ancora guadagnato.
- Ci teniamo, specie se dobbiamo fare qualcosa per un’altra persona. È un cosa bella in teoria, ma una promessa disattesa non lo è.
- Pianifichiamo troppo (e comunque male, vedi sopra) invece di cominciare. Per come la vedo io, non è il contrario di quanto scritto sopra: è possibile pianificare troppo e insieme non pianificare abbastanza (lo facciamo).
Bonus. C’entrano anche, in qualche modo:
- La nostra incapacità di dare un ordine di priorità alle cose, o di seguirlo: la frustrazione deriva anche dal fatto che facciamo le cose meno importanti.
- La nostra difficoltà a individuare i colli di bottiglia, cioè in questo caso le cose che, se fatte, sbloccano o fluidificano la nostra capacità di fare le altre.